L’intelligenza artificiale è ovunque ed è pronta a sostituirci in qualsiasi campo di applicazione. Già oggi ha sostituito alcuni compiti all’interno di aziende e agenzie. Compiti ripetitivi, noiosi, che possono essere fatti in minor tempo e maggior precisione da una macchina.
Fin qui, non siamo molto lontani da quello che i computer ci hanno sempre promesso: maggior efficienza, velocità, precisione a un minor costo. Quello che però proprio non ci aspettavamo, è che una macchina fosse capace di creare. E queste intelligenze artificiali, dette per l’appunto “generative”, di fatto generano, ovvero creano.
Le intelligenze artificiali generative, più che creare, rimescolano
Così abbiamo scoperto che c’è l’IA capace di generare testi perfetti, traduzioni, riassunti e post. Poi c’è quella (o quelle) capace di generare immagini, quella che genera i video, poi quella che genera musica ecc. ecc. Tutte sono abilissime a creare qualcosa che sembra dannatamente originale, anche perché il soggetto glielo diamo noi e quindi non c’è dubbio che si tratti di qualcosa che prima non esisteva.
Tuttavia, sappiamo ormai bene che il principio di qualsiasi strumento di intelligenza artificiale è quello dell’addrestramento a cui si accoppia un sofisticatissimo calcolo probabilistico. Questi strumenti infatti mentono, lo scoprimmo poco dopo l’arrivo di ChtGPT, piuttosto che non rispondere, perché il loro scopo non è dare una risposta vera, ma dare quella che sia la più vicina possibile a quella giusta in base a un calcolo probabilistico.
Tagliare, sminuzzare e cuocere non è creare
Quindi le intelligenze artificiali, alla base delle quali ci sono dei modelli di apprendimento, studiano una grandissima quantità di informazioni e poi le mescolano, seguendo l’ordine dato da un mero, per quanto sofisticato, calcolo delle probabilità. Prima una parola, poi un’altra secondo le probabilità che in un determinato contesto a quella parola (sempre nella maggior parte dei casi) ne succeda un’altra e così via.
Alla luce di questo, viene facile fare il parallelo che inseguiamo fin dal titolo di questa newsletter: l’intelligenza Artificiale è, di base, un ottimo cuoco che non potrà che eseguire sempre e solamente delle ottime ricette, magari fatte alla perfezione, che però ha creato un’altra persona.
Quella invece, cioè quella che ha avuto l’idea e l’estro per studiare un accostamento inedito o un metodo di preparazione mai provato prima, è lo chef. E lo chef, in questa metafora culinaria, non può che essere l’essere umano, a cui resterà l’onere e l’onore di essere quella macchina perfetta plasmata dal caso e che grazie al caso potrà creare quello che prima non esisteva.
L’idea, l’arte, l’originalità sta all’uomo come lo chef sta alla cucina. E questi strumenti, per quanto stupefacenti e utilissimi, non potranno che essere quel bravissimo cuoco che sa riprodurre alla perfezione, magari variando, ma sempre lungo un solco ben scavato.
In Metrix, ovviamente, ci siamo dotati sia dei creativi che hanno la capacità di creare qualcosa di nuovo e unico, sia di abilissimi cuochi che sanno tradurre in pratica il frutto delle menti creative. Perché per fare un buon piatto, in fondo, ci vogliono tutti e due.